- Milano
- Centro di Cultura e iniziativa teatrale "Mario Apollonio" (CIT)
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Progetti di ricerca
Il Centro, fin dalla sua nascita, ha promosso numerosi progetti di ricerca. Nel 2020 le attività di ricerca sono state definite secondo un'articolazione in quattro aree di cui di seguito è possibile trovare una breve presentazione a cura dei rispettivi coordinatori:
1. AREA DEDICATA ALLA RICERCA STORICA SUL TEATRO (coordinata da Annamaria Cascetta);
In linea con l’impianto del CIT che intende coniugare il rigore accademico degli studi storici e teorici con l’impegno promozionale e progettuale sul teatro, la sezione teatrologica del Centro privilegia i seguenti assi di ricerca:
-la ridefinizione della specificità del teatro, del suo ruolo e della forma più adatta al nostro tempo nel quadro delle nuove modalità della comunicazione e dell’espressione artistica mediale e digitale;
-lo studio del teatro contemporaneo nell’ambito della intersezioni fra le arti e in costante confronto con la tradizione;
-il ripensamento delle tappe dell’innovazione teatrale nel corso del Novecento e degli anni Duemila che hanno portato all’attuale assetto e si proiettano sul futuro, anche alla luce delle congiunture attuali;
-l’individuazione degli elementi della cultura teatrale che hanno contribuito a diffondere, costruire, cementare l’unità europea;
-la riflessione sull’istanza originaria del teatro rispetto alle strutture dell’umano indagate dagli studi filosofici e antropologici.
Annamaria Cascetta
I progetti di ricerca attivi nell'area dedicata alla ricerca storica sono:
2. AREA DEDICATA AL TEATRO SOCIALE (coordinata da Giulia Emma Innocenti Malini);
Gli studi applicativi, metodologici e critici sul Teatro sociale compongono una delle aree di ricerca del CIT e si collocano in una peculiare tradizione degli studi teatrali promossi fin dagli anni '50 entro l'Università Cattolica del Sacro Cuore. È infatti a partire da Mario Apollonio, con il suo pensiero e la sua prassica sulla "drammaturgia del coro", che sono seguite le riflessioni fondative di Sisto Dalla Palma su quella che definiva "l'altra scena", intesa come l'apertura della prospettiva dello studio teatrale al più ampio campo della performance con un'attenzione precipua alle sue implicazioni sociali, psicologiche, comunitarie e politiche. Successivamente, nello stesso alveo è maturata la riflessione di Claudio Bernardi, che non solo ha impiegato il termine "Teatro sociale" per nominare una vasta compagine di esperienze che fin dalla metà degli anni '70 (ma profondamente radicate negli anni precedenti) hanno preso forma in Italia, ma - di queste ultime - ha evidenziato le implicazioni antropologiche più profonde, sia in riferimento alle condotte culturali e sociali dell'essere umano, sia valorizzando il ruolo evolutivo e generativo delle forme popolari, rituali e festive della drammaturgia.
Grazie a queste radici, il CIT oggi declina i suoi studi sul Teatro sociale aprendosi al ripensamento e alla sperimentazione di metodologie di ricerca in ottica multi e interdisciplinare, internazionale e orientata a integrare modalità storico-critiche con processi applicati e partecipativi. In quest'ottica, il CIT si pone e si propone costantemente in dialogo con il territorio cittadino, regionale e nazionale attraverso progetti di ricerca svolti in collaborazione con organizzazioni del terzo settore sociale, sanitario e culturale e del volontariato, con centri di ricerca sia dell'ateneo che di altri atenei, con i cittadini e le cittadine così come con le istituzioni e le amministrazioni pubbliche, per alimentare costantemente il circuito virtuoso tra la ricerca e l'impatto di utilità sociale che essa può generare.
Giulia Emma Innocenti Malini
I progetti di ricerca attivi nell'area dedicata al teatro sociale sono:
3. AREA DEDICATA AL TEATRO SACRO (coordinata da Carla Bino e Laura Peja);
Dal 2020, il CIT ha avviato una nuova sezione dedicata allo studio e alla restituzione performativa della drammaturgia festiva e rituale dell’Occidente cristiano. Si tratta di un focus sul cosiddetto ‘teatro sacro’ non però inteso nel suo senso generico ed ampio, ma in quello più specifico che prende in considerazione le azioni rituali e drammatiche pensate, nel corso dei secoli, per i due ‘eventi’ di Natale e Pasqua.
Sin dal magistero di Mario Apollonio – cui si deve l’elaborazione del concetto di ‘drammaturgia corale’ e comunitaria – il gruppo di storici del teatro dell’Università Cattolica del Sacro Cuore si è dedicato allo studio della rappresentazione sacra cristiana e dei mutamenti storici che l’hanno caratterizzata, dal periodo medievale sino all’epoca contemporanea.
Accanto all’attività di ricerca, questo interesse ha dato vita anche a molte iniziative di ‘messa in scena’, tra le quali ricordiamo soprattutto Crucifixus Festival di Primavera (attivo dal 1998-al 2014) dedicato alla Passione di Cristo e Corpus Hominis. Festa di Comunità (2015-2018) organizzato in occasione del Corpus Domini, entrambe organizzate nel territorio di Brescia e provincia con la partecipazione plurale di istituzioni laiche e della Diocesi.
La sezione ‘teatro sacro’ intende proseguire sulla linea di incrocio tra ricerca ed azione performativa, promuovendo lo studio storico e drammaturgico di testi, immagini, cerimonie e riti accanto alla loro concreta restituzione e reinvenzione. A tal fine ha creato un laboratorio annuale organizzato in accordo e collaborazione con il Centro pastorale e destinato agli studenti delle diverse facoltà. Il laboratorio ha come fine quello di allestire almeno una rappresentazione all’anno, in corrispondenza del calendario liturgico e iniziando dalla Pasqua.
Carla Bino e Laura Peja
4. AREA DEDICATA A TEATRO E PEDAGOGIA (coordinata da Pier Cesare Rivoltella);
Diana Laurillard, studiosa dell’Università di Londra, ha definito l’insegnamento una scienza del design. Il design inteso in questo senso, applicato alla didattica, fa riferimento a tre azioni dell’insegnante: la progettazione e organizzazione dei contenuti; la trasposizione, ovvero la mediazione didattica che tiene sempre presente il carico cognitivo e il profilo dello studente; la formattazione, e cioè la cura dell’impatto visuale dei materiali didattici
Ma c’è un altro modo di pensare all’insegnamento: come arte della vita. Sono arti della vita nella definizione di Jean-Marie Pradier, tutte quelle arti – come la danza, il teatro, il circo – che vivono dell’effimero momento in cui sono agite e che non sono riproducibili tecnicamente, o meglio, ora grazie alla tecnologia lo sono, ma diventano qualcos’altro. Le arti della vita sono performative, senza finzioni (si pensi in tal senso alle assonanza tra Artaud e il tema vivente di Freinet), fatte di soft skills, di un sottotesto (Barba) non formalizzabile e trasmissibile solo con il modeling durante il training.
Dell’insegnamento – formazione, educazione – in quanto arte della vita si occupa questa area di ricerca e di intervento. L’obiettivo è di studiarne la dimensione performativa nella didattica in aula, nella formazione e nello sviluppo professionale.
Pier Cesare Rivoltella