Il Giubileo è il tempo che cambia volto, nel senso già immaginato dalla coscienza religiosa della tradizione ebraica, fatta propria e dilatata a nuovi orizzonti dall’annuncio cristiano. È una frazione speciale di tempo, dentro il flusso del tempo, che invece di scorrere inesorabile verso il futuro si piega sul nostro bisogno e ci stringe in un abbraccio di perdono e di misericordia accogliente.

Ogni venticinque, cinquant’anni, a volte anche più di frequente, siamo invitati a varcare la Porta che segna l’ingresso in una possibilità di vita cambiata, risollevata dal peso delle sue fragilità, dalle ombre del male che ci infliggiamo a vicenda, personalmente e socialmente. Attingere a questa promessa di bene è una grazia da mendicare, di cui rendersi degni andando alla ricerca di ciò che può rispondere fino in fondo alle attese che costituiscono il cuore del vivere, e per questo mettendosi in cammino, seguendo una strada che porta a una meta, sull’esempio dei pellegrini di un tempo.

Nella scia della storia degli ultimi sette secoli, il perdono che ridona la vita ci attende di nuovo al varco nel prossimo 2025: luce positiva di speranza, come ha proposto Papa Francesco, spalancata ancora una volta per tutti.

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