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Ecuador: Noboa nuovo presidente

Ecuador: Noboa nuovo presidente

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di Samuele Mazzolini

 

Come già previsto dai sondaggi, e come vi avevamo già raccontato, il secondo turno delle elezioni ecuadoriane ha restituito un esito del tutto analogo, per situazione e numeri, a quello dei comizi del 2021. Il correismo, il movimento politico guidato dall’ex presidente Rafael Correa e in questa occasione rappresentato dalla fedelissima Luisa González, perde di misura (51.83% vs 48.17%, nel 2021 il risultato differì di pochi decimali) dopo aver trionfato, come allora, al primo turno. Questa volta la sconfitta arriva per mano di Daniel Noboa, figlio del più grande magnate delle banane in Ecuador (la volta scorsa il delfino correista Andrés Arauz aveva perso contro il maggior banchiere del paese), che, con i suoi 35 anni, diventerà il presidente più giovane della storia ecuadoriana.

Noboa, che si è presentato come un moderato, è riuscito a passare per il volto fresco privo di precedenti intrallazzi politici che ne inficiassero l’immagine. Ha evitato di ricorrere a toni eccessivamente polarizzanti, cercando di far valere la sua preparazione e i suoi titoli, nonostante nel secondo dibattito televisivo si sia dimostrato particolarmente incerto. È riuscito inoltre a mettere in secondo piano le uscite imbarazzanti della sua candidata alla vice-presidenza, l’ultra-conservatrice Verónica Abad, che in un’occasione aveva dichiarato che le donne non possono pretendere di guadagnare quanto gli uomini dal momento che si devono dedicare alla maternità. Dal canto suo, González ha dimostrato un’eccessiva vicinanza a Correa, la cui ingombrante presenza sulla scena politica nazionale, nonostante l’esilio in Belgio, rimane invisa ai più. Non è stato quindi sufficiente segnalare la cattiva gestione del governo attuale e di quello precedente, invocando “i bei tempi” in cui c’era Correa. Troppe le riserve sul personaggio che, pur avendo a suo tempo messo in campo misure di taglio socialista che avevano risollevato economicamente il paese e dotato lo Stato di istituzioni maggiormente efficienti, paga il suo fare accentratore e il piglio autoritario. In questo senso, non pare essere stata una buona idea da parte di González indicare Correa come uno dei suoi futuri consiglieri politici in caso di vittoria, così come altrettanto nocivo è stato suggerire che la situazione in Venezuela – il cui regime gode di pessima fama in tutto il continente – sia migliore di quella ecuadoriana.

Come nel 2021, la distribuzione territoriale del voto conferma l’inversione di un trend storico. Nel passato le provincie della costa pacifica erano prevalentemente orientate a destra e quelle della sierra andina e dell’Amazzonia più spostate a sinistra, una tendenza che si confermò nel 2006 quando venne eletto Correa per la prima volta. Da qualche anno a questa parte è vero il contrario: la costa è diventata il bastione del correismo, mentre la zona della cordigliera andina e l’Amazzonia (a eccezione di quella settentrionale) hanno voltato le spalle al suo movimento. Questo si deve in parte alla relazione conflittuale che Correa mantiene ormai da diversi anni con la popolazione indigena (residente perlopiù nelle ultime due aree), ma anche al fatto che sia le classi medio-alte, sia quelle popolari nutrono diffidenza nei confronti delle leadership autoritarie: le prime per lo sviluppo di ambizioni che possiamo definire “liberali”, le seconde per la storica presenza di strutture e organizzazioni caratterizzate da una marcata auto-gestione. Nella costa invece, la fornitura di imponenti infrastrutture in zone tradizionalmente arretrate durante l’epoca di Correa e l’adesione di diversi caciques locali al suo movimento, hanno spostato gli equilibri storici.

Il mandato di Noboa sarà piuttosto corto, dal momento che le elezioni erano state indette in via straordinaria, a seguito dell’attivazione da parte del presidente uscente Guillermo Lasso del dispositivo della “morte incrociata”, una procedura prevista dalla Costituzione che automaticamente scioglie il parlamento e destituisce il presidente stesso, sebbene con qualche mese di ritardo per consentire l’organizzazione dei comizi. Questi ultimi, tuttavia, non avviano propriamente una nuova legislatura, ma portano a conclusione il periodo di quattro anni che decorre dalle elezioni scorse, motivo per cui si tornerà a votare nel 2025.

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