Recensione

Ciò che rimane del passato

Ciò che rimane del passato

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di Samuele Mazzolini

 

David Broder, I nipoti di Mussolini. Il fascismo nell’Italia contemporanea, Ponte alle Grazie, Milano 2023, pp. 384, 20 euro.

 

Quando ci si accinge a leggere un libro di storia sul proprio paese scritto da uno straniero, due pregiudizi, l’uno dettato da un eccesso di fiducia, l’altro da un surplus di circospezione, possono affacciarsi – perché no? – contemporaneamente e in maniera involontaria all’orizzonte. Da un lato, si spera in qualcosa che rimescoli le carte: ci si attende uno sguardo neutro, imparziale, dall’alto, scevro da prese di posizione accalorate, tanto più quando l’intellettuale è di provenienza anglosassone (pregiudizio nel pregiudizio). Dall’altro, può balenare il sospetto che chi scrive abbia sì scrupolosamente divorato libri di storia e scandagliato archivi e fonti di ogni tipo, ma che senza una presenza assidua e “vissuta” l’estensore non sia davvero consapevole dei dettagli più nascosti, delle vicende più recondite e di alcune implicazioni essenziali alla comprensione minuziosa di un fenomeno.

Entrambi i pregiudizi vengono meno una volta portata a termine la lettura de I nipoti di Mussolini. Il fascismo nell’Italia contemporanea di David Broder, giovane storico inglese che dell’Italia ha fatto per un periodo il proprio luogo di dimora e l’oggetto dei propri interessi accademici, giornalistici e, va detto, politici. Persino la smentita del primo pregiudizio è una buona notizia: lo è non in nome di un elogio della faziosità, bensì del riconoscimento che ogni punto di vista sulla storia contemporanea è situato, necessariamente di parte, e che dietro le pretese di imparzialità vi è spesso altrettanta se non più ideologia di quanta non ve ne sia in chi poggia sin da subito le proprie carte sul tavolo. Ogni scrittura di affari sociali, politici e storici scaturisce da un’interpretazione dei fatti, sui quali, al massimo, vi può essere obiettività, e su questo all’autore non può essere mosso rimprovero alcuno. Quanto al secondo punto, Broder stupisce per la sua conoscenza millimetrica delle vicende sotto esame, la quale rivela a sua volta una competenza sull’Italia che desta stupore.

Scritto e uscito inizialmente in inglese, il libro ­ edito da Ponte alle Grazie, con una traduzione impeccabile di Linda Martini – parte dall’attuale predominio politico di Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni (a tal proposito, leggi anche la recensione di Valerio Alfonso Bruno a Brothers of Italy), muovendo a ritroso per tracciare una genealogia storica del movimento. L’interesse di Broder non è rivolto al fascismo storico, a cui pur vanno inevitabilmente diversi riferimenti, ma alla parabola degli eredi di Mussolini dall’indomani della Seconda guerra mondiale fino alla recente e fino a qualche anno fa inattesa ribalta, ossia al lungo periplo, per citare lo stesso Giorgio Almirante, dei (post-)“fascisti in democrazia”.

Obiettivo ultimo del testo è quello di illustrare che il modo di fare politica di Fratelli d’Italia debba ancora molto al fascismo in termini di mitologia, modi di parlare del passato e visioni dell’identità nazionale. Nonostante tale ancoraggio, Broder è accorto nel tracciare le torsioni, gli innesti e le fusioni ideologiche e simboliche che si sono succedute nel corso dei decenni. Le continue citazioni dalla trilogia di J.R.R. Tolkien, il riferimento al tradizionalismo conservatore di Roger Scruton e alla critica dell’Islam di Oriana Fallaci, così come il branding nazional-popolare cucito sulle note di “io sono Giorgia”, appaiono tra le novità più importanti a cavallo tra ibridazione di idee e comunicazione politica. Ma tra le righe dei riferimenti pop spuntano spesso analogie con il passato, come nel caso di un brano dei Maroon 5 citato da Meloni che parla di torce che non verranno mai fatte cadere, la cui allusione alla ben più nota “fiamma” non è difficile da cogliere. Per non parlare poi delle “sbavature” vere e proprie (o sarebbe meglio parlare di riflessi condizionati?) della militanza di base (qui le rievocazioni fasciste si sprecano), quando non di qualche dirigente poco accorto (che di tanto in tanto si fa pizzicare con le braccia tese).

Ma al netto di questi “fuori onda”, l’impianto discorsivo con il quale Meloni e il suo partito aggirano sistematicamente ogni tentativo di accostamento della propria compagine al fascismo è ormai consolidato. Broder ne tratteggia efficacemente i passaggi salienti: si dichiara che ormai la destra italiana ha fatto i conti col fascismo da decenni e ne si evita qualsiasi esaltazione o analisi critica in quanto fenomeno superato e privo di implicazioni per il presente. L’anti-fascismo – e di rimando qualsiasi biasimo a Fratelli d’Italia – viene quindi ridotto a chiodo fisso di una minoranza, che tiene a galla certi discorsi per garantirsi una sorta di rendita di posizione. In parallelo, l’operazione di revisionismo storico che la destra porta avanti da ormai qualche decennio ha trovato compimento nell’istituzione del Giorno del ricordo (e nella sua sempre maggiore esaltazione). Così, tutti hanno i propri peccati e i propri morti: una retorica che, pur facendo leva su eccessi e crudeltà reali, azzarda paragoni storici totalmente dimentichi di proporzioni e contesto, e in tal senso, qui sì, carenti di qualsiasi obiettività.

Ad ogni buon conto, l’autore fa bene a non cadere nella trappola di affermare che siamo alle porte di una svolta autoritaria o di forzare i paralleli con i primi anni ’20 del secolo scorso. È consapevole che non ci sono camice nere in procinto di marciare su Roma, né un regime a partito unico all’orizzonte. Riconosce in maniera altrettanto schietta che se i dirigenti del MSI dei primi anni ’90 erano ancora legati, in taluni casi in prima persona, alle vicende di Salò e a un anti-comunismo viscerale che era stato tratto distintivo del partito per oltre quattro decenni, oramai si tratta di richiami sbiaditi, senza contare che viviamo in una società dove le ambizioni di cambiamento politico a tutto tondo risultano fuori tempo massimo. In questo modo forse, e a maggior ragione dal momento che Broder è anche molto interessato alla politica in senso stretto, l’unico limite del libro è quello di parlare ai già convertiti – limite in realtà pressoché inevitabile nella saggistica.

Il testo di Broder, specie nella sua edizione inglese, ha di certo la possibilità di mettere a disagio l’attuale esecutivo all’estero, gettando luce su genealogie che altrove destano perplessità e sdegno. Operazione riuscita egregiamente anche mediante un editoriale che lo storico inglese ha pubblicato sul New York Times nel luglio 2022, suscitando persino la reazione dalle alte sfere di Fratelli d’Italia, compresi Meloni e La Russa stessi. Ma se quasi un terzo della popolazione italiana non ha remore nell’appoggiare la loro formazione a fronte di una discendenza storica piuttosto lampante, è chiaro che gli strumenti dell’anti-fascismo militante risultano ormai alquanto spuntati. Qualsiasi forma di opposizione politica all’attuale governo, se vorrà rivelarsi efficace, farà bene a uscire dalla logica dell’additamento di fascismo a quelli che sono i suoi diretti eredi.

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