di Enrico Bianchi
Nell’era della permacrisi guardare alla realtà attraverso le lenti del catastrofismo è prassi diffusa. Più profonda è invece l’operazione tentata dagli autori di Utopian Visions, Dystopic Realities, raccolta di saggi curata da Cristina Bon che mira a risalire alle utopie che stanno alla base delle politiche di un Occidente in crisi e di alcuni modelli ad esso alternativi per analizzarne i fondamenti, le contraddizioni e i risvolti critici – distopici, per l’appunto – che spesso caratterizzano gli effetti realmente prodotti. Muovendosi in prospettiva largamente multidisciplinare il volume raccoglie sette saggi su tematiche eterogenee ma accomunate dalla lettura proficua attraverso il prisma del rapporto utopia/distopia, che compongono nel loro insieme «a kaleidoscope of our contemporary age as the outcome of past and present utopic visions and their impact on both civil society and the environment» (p. 11). Tale sforzo, compiuto in prospettiva storica, lungi dal voler essere un invito al pessimismo vuole enfatizzare anche le potenzialità dell’immaginazione politica, mettendo in luce l’impatto a lungo termine delle utopie che hanno mosso l’essere umano per invitare il lettore a considerare «the importance of keeping our political imagination alive» (p. 19).
Tra i fili conduttori vi è senz’altro il ricorrere di aspirazioni e paure, forse ataviche ma sempre aggiornate al mutare delle circostanze, che in qualche modo caratterizzano l’homo politicus di tutte le epoche. Il saggio di Marco De Nigris (pp. 23-44) si muove su questo sfondo, concentrandosi sulle varie teorie sviluppate dalla prima rivoluzione industriale ad oggi sulla gestione delle risorse naturali: partendo dai due opposti modelli della fiducia di Smith nella «mano invisibile» e del pessimismo di Malthus sulla scarsità di risorse alimentari per nutrire una popolazione in crescita fino ad arrivare alle recenti prospettive sull’economia circolare, De Nigris analizza con efficace coerenza il perenne confronto tra chi crede che il progresso sia inarrestabile e riesca sempre ad evitare di esaurire le risorse disponibili e chi invece prefigura scenari foschi a meno di cambiare approccio nei confronti di quanto ci circonda.
Affronta tematiche legate alla sostenibilità anche il lavoro di Valeria Strusi (pp. 45-69), che in un interessante parallelo tra aspirazioni utopiche e sistemi di governance analizza l’evoluzione storica del concetto di sviluppo. L’analisi di Strusi descrive i mutamenti, dagli anni ’50 ad oggi, dell’idea stessa di sviluppo, degli obiettivi connessi e degli strumenti per perseguirli specie nelle aree del mondo tradizionalmente più arretrate, concentrandosi non solo sui risultati attesi ma anche su quelli concretamente ottenuti, spesso contraddittori ed opposti agli intenti, mostrando chiaramente limiti e opportunità del complesso dialogo tra idee e realtà intrinseco in ogni scelta di policy.
Di un caso di eterogenesi dei fini tratta anche la ricostruzione fatta da Leonardo Cherici (pp. 71-92) della grande carestia che tra il 1958 e il 1961 ha colpito la Cina a seguito delle riforme imposte da Mao nel quadro del «grande balzo in avanti», che avrebbero dovuto trasformare il paese in un’avanguardia di socialismo in grado di competere con le potenze mondiali e che invece hanno provocato una spaventosa crisi alimentare i cui risvolti traumatici sono tutt’oggi visibili in alcuni aspetti della società cinese. Interessante è la riflessione di Cherici sulla portata distopica della propaganda governativa per negare effetti e responsabilità della carestia, che attira l’attenzione sulle potenzialità alienanti dell’immaginazione politica laddove voglia creare realtà alternative.
Samuele C.A. Abrami (pp. 93-121) propone invece uno sguardo sul complesso rapporto della Turchia con il proprio passato ottomano e su come esso sia stato utilizzato in chiave politica prima dal kemalismo e poi dall’AKP di Erdogan nella costruzione di una New Turkey. Gli aspetti culturali e identitari giocano in questo caso un ruolo chiave ma inquietante, se si guarda alla costante riscrittura della storia operata in Turchia negli ultimi decenni nel quadro di un crescente illiberalismo.
Le tematiche energetiche, poi, sono al centro dei saggi di Pier Paolo Raimondi e Francesca Giuliano. Raimondi (pp. 123-142) si concentra sugli Stati del Golfo Persico, la cui società è fondata sulle rendite apparentemente illimitate garantite dai prodotti petroliferi: da quando questo assunto è stato messo in discussione dalla transizione ecologica, le monarchie hanno cominciato ad elaborare nuove visions per costruire economie meno dipendenti dal petrolio e un nuovo contratto sociale forse più democratico, con esiti tuttavia incerti. Giuliano (pp. 143-163) guarda invece al mercato italiano dell’energia elettrica, analizzando gli effetti sui prezzi del ricorso a fonti rinnovabili e le risposte alla recente crisi: i risultati portano a riflettere sulle contraddizioni della transizione ecologica, che vanno riconosciute per evitare che un’utopia possibile e necessaria si trasformi, per alcuni, in una distopia.
Con un affondo sulla dimensione strategica, Alessandra Russo (pp. 175-182) analizza infine le teorie sul potere aereo concentrandosi in particolare sull’uso dei droni, che, comandati da remoto, dovrebbero condurre operazioni a rischio-zero per militari e civili colpendo esclusivamente l’obiettivo individuato: una suggestione a cui si accompagna, tuttavia, una sinistra disumanizzazione, oltre ai rischi di maggior propensione all’uso della forza da parte delle democrazie abilmente messi in luce dal contributo di Russo.
Il volume offre dunque un percorso vario ma coerente che fornisce spunti utili a comprendere il ruolo dell’immaginazione politica e della sua traduzione in realtà, mostrando una tensione al contempo creativa e distruttiva che affascina e sfida e invitandoci a riflettere più profondamente sui moventi dell’azione politica, superando approcci a volte troppo prosaici.
Enrico Bianchi è Dottorando di ricerca presso la Scuola di Dottorato in "Istituzioni e Politiche" dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.