editoriale

Un nuovo slancio creativo per l'Europa

Un nuovo slancio creativo per l'Europa

Condividi su:

 

Elena Beccalli

 

Il nostro futuro è strettamente legato a quello dell’Europa. Tuttavia, l’Unione europea deve trovare un nuovo slancio creativo per superare quella diffidenza che purtroppo larghe fette della popolazione nutrono nei suoi confronti e per farla essere davvero una vera protagonista del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo. Una necessità confermata da una recente indagine IPSOS secondo cui il 39% degli italiani dichiara fiducia nell’Europa mentre il 48% esprime sfiducia. A partire da questi dati, indico un paio di spunti di riflessione.

Il primo riguarda l’urgenza per l’Europa di riacquistare una posizione competitiva a livello globale. Dal 2001 a oggi, infatti, l’Unione europea ha registrato una perdita del 30% delle quote di mercato globale in termini di valore aggiunto, ossia di ricchezza generata dalla trasformazione delle materie prime in prodotto finito. Nel 2001, l’UE deteneva poco più del 20% di tali quote, una percentuale scesa al 14,3% nel 2020. Nel medesimo periodo, negli Stati Uniti il calo è stato più modesto, passando dal 22% al 16,3%. Al contrario, la Cina è cresciuta dall’8% al 27,3%.

Tali scostamenti sono prima di tutto ascrivibili alle differenti situazioni e prospettive demografiche, alla propensione media al rischio della comunità imprenditoriale e, inoltre, alla morfologia della struttura finanziaria oltre che al progresso tecnico. Da quest’ultimo in particolare dipende la produttività e dunque la potenzialità di crescita di un’economia. Il differenziale della produttività del lavoro tra Europa e Stati Uniti, seppure abbia mostrato una leggera riduzione negli ultimi dieci anni, si attesta attorno a 20 punti percentuali.

La competitività è certamente un pilastro delle politiche europee ma non tutto si esaurisce in essa. Sono convinta che per ridare slancio all’Europa la competitività debba essere posta in equilibrio con la solidarietà, un valore che va tenuto ben presente alla luce delle crescenti polarizzazioni e povertà che possono essere fonte di perdita di coesione sociale e sfiducia. Un valore peraltro inscritto nelle stesse radici dell’Europa. La Dichiarazione Schuman lo ricorda chiaramente sin dalle prime battute, dove si legge che: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.

Salvaguardare il binomio competitività-solidarietà è fondamentale per preservare il modello sociale europeo, da più parti considerato il migliore al mondo. Il suo mantenimento richiede, però, scelte politiche, difficili. Una prima via per attuarlo è rappresentata dalla semplificazione normativa – come suggerisce il rapporto Draghi, e prima ancora il rapporto Letta. In effetti, la Commissione è impegnata da diversi anni nell’agenda Better Regulation e ha fatto dell’ulteriore alleggerimento del carico normativo uno dei punti centrali dell’attuale mandato. In particolare, la Commissione von der Leyen II ha posto il burden reduction tra i suoi obiettivi prioritari. L’intento è semplificare l’impianto normativo senza pregiudicare la protezione degli investitori e la stabilità del mercato. Non bisogna dimenticare che l’attuale assetto è il risultato di normative stratificate, che a volte generano oneri senza benefici in termini di competitività e pertanto sono eliminabili. Però, chiariamo bene un punto: la semplificazione non è, e non deve essere, deregolamentazione o frammentarietà. La complessità dei livelli normativi accumulati in Europa che oggi costituisce un ostacolo al raggiungimento della competitività va rivista valutando la sua conformità ai principi di sussidiarietà e proporzionalità nonché la coerenza tra le misure in vigore. Un primo banco di prova sarà il pacchetto “Omnibus” sulla finanza sostenibile, entrato in vigore lo scorso 17 aprile.

La seconda suggestione che vorrei lanciare è relativa al rafforzamento dell’Unione europea come Unione di pace, di un’Unione che attraverso la diplomazia trova soluzioni di pace. Fino a pochi anni fa, un auspicio del genere poteva apparire retorico. Purtroppo, oggi non è più così. Credo che non sia stato un caso che Papa Leone XIV affacciandosi per la prima volta dalla Loggia di San Pietro abbia invocato di “una pace disarmata e una pace disarmante”. La necessità di una pace giusta e duratura nei teatri di guerra, a partire da quello ucraino, è l’auspicio del Santo Padre, che ci auguriamo scuota le coscienze di tutti. Siamo consapevoli che sono necessari sforzi di “paziente e lunga cooperazione”, come ricordava Alcide De Gasperi nel celebre discorso alla Conferenza Interparlamentare europea, a Parigi, il 21 aprile 1954. La paziente tessitura e un dialogo franco sono sempre i presupposti necessari per la creazione di azioni politiche realmente incisive.

 

Elena Beccalli è Rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Ringraziamo il Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, prof.ssa Elena Beccalli, per averci consentito di pubblicare alcuni stralci dell’intervento tenuto in apertura dell’incontro “Europa: domande aperte per un futuro comune” che si è svolto lo scorso 29 maggio.

Data

Condividi su:

Newsletter

Iscriviti alla newsletter