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Moldavia: un Paese sotto osservazione

Moldavia: un Paese sotto osservazione

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di Girolamo Porcaro*

 

A un anno dalla presentazione della domanda di adesione all’Unione Europea, la Moldavia è al centro dell’attenzione dell’Occidente.

Secondo quanto emerge dal Report “Freedom in the world 2023” il Paese gode di un buon livello di competitività elettorale e le libertà di associazione, parola e religione vengono sufficientemente tutelate. Nonostante ciò, gli alti livelli di corruzione e di ingerenze esterne, tanto nelle istituzioni politiche quanto nel sistema giudiziario, continuano a costituire degli ostacoli notevoli allo sviluppo della democrazia.

Un’analisi della salute politica della democrazia moldava, infatti, non può esimersi dal considerare il fatto che il Paese è vittima di una contesa tra l’Occidente e la Federazione Russa. In particolare, secondo l’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, la Federazione Russa avrebbe avviato un piano di destabilizzazione della Moldavia, sfociato in una serie di rivolte popolari. Le proteste che hanno messo a rischio la tenuta del governo filoeuropeista in carica presieduto da Dorin Recean sarebbero state finanziate dal partito di opposizione Șor, precedentemente noto come Movimento Socio-Politico Repubblicano “Uguaglianza”. Si tratta di un partito nazionalista vicino alla Russia, fondato nel 1998, a cui si sono uniti il Partito dei Comunisti di Moldova (PCRM) e il Partito Socialista della Repubblica di Moldova (PSRM). Al centro delle rivendicazioni dei manifestanti, oltre al tema del caro vita (inflazione di gennaio, +27,3%) e dell’aumento dei prezzi delle bollette dovuto alla crisi energetica, vi è la richiesta che il Paese, indipendente dal 1991, si dichiari neutrale nel contesto della guerra in Ucraina. Inoltre, è evidente la pressione affinché si arrivi a elezioni anticipate.

Come evidenziato dall’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, dietro le proteste in Moldavia potrebbe esserci la mano invisibile del Cremlino. La volontà politica russa, più o meno celata, sarebbe quella di accelerare il ritorno al potere di un governo filorusso. Vladimir Putin ha espressamente smentito le accuse e, anzi, rilancia sostenendo che lo stesso Zelensky è in procinto di denunciare un’ingerenza russa negli affari interni della Repubblica di Moldavia con l’obiettivo di giustificare un attacco ucraino nella regione.

In base ai dati dell’International Trade Center (aggiornati al 2021), il principale partner commerciale a livello aggregato della Moldavia è la Federazione Russa, seguita dalla Cina. Questi dati mettono in evidenza il fatto che la Federazione Russa è stata in grado di esercitare una notevole influenza nella regione. D’altronde, come evidenziato dal rapporto della Farnesina sullo status delle relazioni internazionali della Repubblica di Moldavia, “la storia (50 anni di appartenenza all’URSS), la posizione geografica, la irrisolta questione della Transnistria, nonché gli stretti legami economici con la Russia, inducono il Paese a mantenere forti legami anche con lo spazio politico ed economico ex sovietico”.

Le elezioni nel Paese del 2021, tuttavia, hanno segnato un tentativo di inversione di tendenza, dal momento che hanno decretato la vittoria del Partito di Azione e Solidarietà (PAS), liberale e filoeuropeista. Tra le conseguenze, oltre alla già citata presentazione della richiesta di adesione all’UE, si registra la sottoscrizione di un nuovo accordo commerciale tra l’Unione Europea e la Repubblica di Moldavia entrato in vigore il 1 novembre del 2022 (un primo accordo di associazione era stato firmato nel 2014 ed entrato in vigore nel 2016), volto ad aumentare ulteriormente le opportunità commerciali, contribuire alla fluidità degli scambi di merci tra le due parti e a ridurre i costi senza compromettere gli elevati standard di sicurezza richiesti dall’UE. 

La svolta filoeuropeista della Moldavia ha avuto come effetto il risentimento della parte politica filorussa del Paese, il quale ha innescato la crisi con le conseguenti dimissioni di febbraio 2023 della premier Natalia Gavrilița. Invero, Dorin Recean, succeduto a Natalia Gavrilița e attualmente in carica, non si è allontanato dalla strada filoeuropeista tracciata dall’esecutivo precedente. Nonostante ciò, gli analisti mettono in evidenza come il governo risulti profondamente indebolito dalla crisi politica di cui è stato oggetto.

Le proteste sono, d’altronde, una prova inconfutabile della situazione di instabilità politica e di incertezza in cui è nuovamente caduta la democrazia moldava, terra di mezzo tra la sfera di influenza russa e quella occidentale. La contesa tra la parte politica filorussa e quella filoeuropeista ha invaso un ulteriore ambito della vita democratica del Paese, ovvero quello culturale. Il recente dibattito sull’adozione della lingua ufficiale nel Paese ne è una chiara evidenza. A tal proposito, infatti, vi è la sensazione che i diversi attori si stiano contendendo la supremazia del modello culturale di riferimento.

Il Parlamento moldavo, infatti, ha approvato in prima lettura una legge che dichiara “lingua rumena” quella parlata nel Paese anziché “lingua moldava”.

La decisione del marzo 2023 è fortemente osteggiata dalla fazione filorussa, che l’ha intesa come un ulteriore passo della Repubblica moldava verso l’annessione alla Romania, Stato membro dell’Unione Europea e della Nato.

In effetti, la volontà dell’Organizzazione Atlantica di espandere ulteriormente la propria area di competenza nella regione dell’Europa centro-orientale è dimostrata anche dalle recenti dichiarazioni del Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg, il quale ha confermato la volontà di sostenere il prima possibile i Paesi più vulnerabili di fronte all’aggressione, rispondendo ad una domanda sulle minacce russe alla sovranità della Moldavia. La dichiarazione è stata pronunciata in occasione della conferenza stampa di febbraio 2023 a margine del meeting con il Primo Ministro Estone ed il Presidente della Commissione Europea avvenuto a Tallinn in occasione delle celebrazioni per l’anniversario dell’indipendenza estone. Allo stato attuale, la guerra in Ucraina impone l’esigenza, tanto dei Paesi occidentali quanto della Federazione russa, di accrescere la propria sfera di influenza in Europa Centro-orientale. A distanza di più di trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino sembra tornata in auge, infatti, l’esigenza di Stati Uniti e Federazione Russia di proiettare il proprio potere politico economico e culturale verso orizzonti sempre più ambiziosi alla ricerca della costituzione di nuovi blocchi partecipati da partner strategici selezionati.

Oltre le supposizioni di carattere politico-strategico, la crisi moldava invita a porre l’attenzione sul ruolo che gli Stati dell’Europa orientale, nati dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, giocano attualmente nello scacchiere internazionale. Secondo quanto evidenziato dagli analisti dell’Istituto di Politica Internazionale (ISPI) “Pur escludendo un’invasione dell’ex Paese sovietico, la caduta del governo filo-occidentale segnerebbe la fine del futuro europeo della Moldavia, da giugno candidata all’adesione Ue insieme all’Ucraina. Una vittoria per il Cremlino, che preferisce mantenere governi a lui favorevoli nei Paesi che si trovano fra i suoi confini e quelli dei membri della NATO, come la Romania”. Inoltre, emerge l’invito a riflettere sul fatto che, nonostante la globalizzazione abbia segnato una battuta di arresto, la costante esigenza di tutelare i propri interessi nazionali impone agli attori della comunità internazionale la necessità di ridefinire le proprie partnership strategiche. Allo stesso tempo, la crisi moldava impone una doverosa riflessione sul processo di allargamento a Est dell’Unione Europea.

 

* Laureato in Global Business Management

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