Editoriale

La marcia dei trattori su Bruxelles

La marcia dei trattori su Bruxelles

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di Damiano Palano *

 

È ancora presto per affermare che un nuovo spettro si aggira per l’Europa. Ma il “movimento dei trattori” che da qualche settimana si diffonde nel Vecchio continente può senza dubbio avere un impatto significativo sulla politica di Bruxelles. Non solo perché le proteste potrebbero avere qualche riflesso sulle elezioni del parlamento di Strasburgo. Ma anche perché il principale bersaglio delle critiche è il Green Deal, il provvedimento simbolo della commissione guidata da Ursula von der Leyen.

Dalla Germania la protesta si è diffusa in Francia, in Italia, in Romania, assumendo connotazioni differenti ma individuando una serie di obiettivi polemici comuni. Le richieste principali si incentrano sul caro gasolio, sul crollo della remunerazione dei prodotti agricoli, sull’obbligo di rotazione delle colture. Ma anche sulla limitazione alle importazioni di grano ucraino, sulla riduzione dei flussi commerciali con il resto del mondo, sulla minaccia rappresentata dalla “carne sintetica”. A ricorrere nelle proteste è più in generale il senso di abbandono che le campagne sembrano vivere, soprattutto in alcune aree. La convinzione di chi si mobilita è infatti che le élite europee siano sempre più lontane – per valori, interessi, obiettivi – dal mondo che lavora la terra. E l’elemento di coagulo di questi motivi di risentimento (che hanno naturalmente radici profonde) è proprio il Green Deal di cui la Commissione guidata da von der Leyen ha fatto la bandiera di una svolta politica radicale.

Non è affatto chiaro se la marcia dei trattori proseguirà nelle prossime settimane, se si estenderà ulteriormente, o se verrà riassorbita da provvedimenti varati a livello nazionale. Senza dubbio sta già incidendo sugli equilibri politici. Per i partiti di destra che in Europa sono all’opposizione, la protesta delle campagne può rappresentare una ghiotta occasione per rilanciare la consolidata battaglia contro Bruxelles. E cavalcando il malumore degli agricoltori, il gruppo di Identità e Democrazia (di cui fanno parte la Lega e il Rassemblement National) avrebbe per esempio l’occasione di incrementare i propri seggi alle elezioni di giugno.

I trattori stanno però aprendo crepe significative anche nel fronte che sostiene l’attuale commissione e che potrebbe candidare la presidente von der Leyen per un nuovo mandato. Tradizionalmente conservatore, il mondo rurale è infatti troppo importante per non essere ascoltato da diverse anime dei popolari europei, che al momento sono la forza di maggiorana relativa all’emiciclo di Strasburgo. E in effetti Manfred Weber, capogruppo del Ppe, ha di fatto appoggiato le richieste degli agricoltori, esprimendo posizioni sul Green Deal per molti versi analoghe a quelle degli oppositori di destra. In Francia, Macron sembra orientato ad avere nei confronti dei trattori una linea molto più conciliante di quella tenuta con i “gilet gialli” e le proteste sulla riforma delle pensioni. Per effetto di questo clima la stessa von der Leyen tende sempre più chiaramente a sminuire la rilevanza simbolica del piano verde su cui pure tanto aveva investito in passato. E non è escluso che proprio attorno a questo nodo si possa giocare la partita della sua ricandidatura.

Uno studio pubblicato alcuni giorni fa dallo European Council on Foreign Relations stima quale potrebbe essere la composizione del prossimo Parlamento europeo. I sondaggi sembrano escludere radicali cambiamenti.  L’attuale maggioranza (composta da popolari, socialisti e liberali) dovrebbe uscire confermata dalle urne, così come il ruolo centrale dei popolari. Ma la forza della “coalizione Ursula” tenderebbe a indebolirsi, tanto da spingere verso la ricerca di un sostegno esterno, che – in un’eventualità che al momento rimane piuttosto remota – potrebbe anche arrivare da Fratelli d’Italia.

Al di là dell’impatto che la marcia dei trattori potrebbe avere sul voto di giugno, sarebbe semplicistico liquidare le proteste come l’ennesima variante del “virus populista”. E non solo perché, in un contesto in cui la polarizzazione e la semplificazione restano di fatto gli unici strumenti per conquistare visibilità, la scelta di uno “stile populista” rimane una scelta pressoché obbligata. Ma anche perché il movimento che sta prendendo forma si concentra su un aspetto cruciale come quello rappresentato dalle strategie di transizione ecologica del Vecchio continente.

Per merito degli agricoltori la prossima campagna elettorale per il parlamento di Strasburgo potrebbe così giocarsi non su questioni di politica nazionale – come quasi sempre è avvenuto nel passato – ma su un tema davvero cruciale per il futuro dell’Ue. Ed è probabilmente anche per questo che vale la pena prendere sul serio la marcia dei trattori.

 

Damiano Palano è Direttore del Centro per lo studio della democrazia e dei mutamenti politici (Polidemos).

* Questo articolo è apparso su "Il Giornale di Brescia" del 29 gennaio 2024.

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