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La Germania e lo spettro dell’estrema destra

La Germania e lo spettro dell’estrema destra

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di Giovanni de Ghantuz Cubbe

 

A distanza di pochi mesi dalle elezioni europee, la Germania si trova ad affrontare l’ennesimo scandalo politico legato a uno dei suoi più importanti partiti, Alternative für Deutschland (AfD). Lo scenario – su cui ha fatto luce un’inchiesta giornalistica coordinata da Correctiv – sembra assumere i contorni di un inquietante complotto. Al centro dello scandalo vi è un presunto incontro segreto, avvenuto nelle vicinanze di Potsdam, cui avrebbero preso parte imprenditori di spicco, politici ed esponenti di gruppi neonazisti. Oggetto della riunione sarebbe stata la pianificazione dell’espatrio coatto – da attuare qualora le forze di destra riescano a impugnare le redini del governo – di milioni di richiedenti asilo, rifugiati, stranieri e perfino cittadini tedeschi “non adeguatamente integrati”. Tra coloro che vi avrebbero preso parte vi sono non solo alcuni esponenti di AfD, ma anche due membri della CDU, un importante azionista di una delle catene gastronomiche più note in Germania (Hans im Glück), un famoso esponente del milieu neonazista austriaco (Martin Sellner) e perfino un neurochirurgo e un naturopata vicini a posizioni estremiste.

La composizione piuttosto variegata del gruppo che avrebbe preso parte all’incontro di Potsdam documenta la notevole capillarità con cui, negli ultimi anni, l’estrema destra tedesca è riuscita a diffondersi sul territorio nazionale giovandosi di una fitta e perlopiù sotterranea rete di contatti e rapporti, spesso informali – di cui l’incontro di Potsdam è solo l’ultimo esempio.

Benché in Germania l’estremismo di destra non sia un fenomeno risalente esclusivamente agli ultimi anni, a caratterizzarne la più recente evoluzione è la sua crescente “normalizzazione” nel quadro della cultura politica tedesca. La Germania ha sempre tentato di scongiurare il rischio che ideologie e retoriche antidemocratiche fuoriuscissero dai più ristretti confini della marginalità politica e penetrassero nell’arena istituzionale. È tuttavia evidente che tale consolidata prassi profilattica stia iniziando a riscontrare crescenti difficoltà. La presenza diffusa di esponenti dell’estrema destra negli uffici pubblici risulta attestata da tempo, così come la diffusione della simbologia nazista tra le fila della polizia e dell’esercito. Negli ultimi anni, inoltre, diversi movimenti radicali o estremi – quali Identitäre Bewegung o PEGIDA – hanno dimostrato una significativa capacità di mobilitazione, riuscendo non solo ad assicurarsi crescenti consensi, ma anche a dare forma organizzata alle diverse manifestazioni di insoddisfazione e risentimento sociale serpeggianti in seno alla società tedesca.

Il principale soggetto politico sui cui ricade la responsabilità della normalizzazione è AfD. Richiamandosi alle concezioni nazionaliste e organiciste diffuse nella Germania del XIX secolo, AfD si presenta come un partito nazional-conservatore con una forte tendenza al radicalismo. A caratterizzarlo sul piano ideologico sono soprattutto la lotta in difesa della Leitkultur tedesca e la lotta nei confronti del multiculturalismo. A tali posizioni si accompagna inoltre un orientamento xenofobo, nativista ed etnocentrico, teso a denunciare le presunte «conseguenze disastrose» determinate dall’«immigrazione di massa», tra cui l’aumento del rischio di attacchi terroristici e la minaccia di un’eventuale islamizzazione della società tedesca.

Per quanto riassumano la linea politica “ufficiale” di AfD documentata nei programmi elettorali ed evidenzino di per sé sufficienti elementi di radicalità, gli orientamenti ideologici appena richiamati in estrema sintesi non consentono tuttavia di mettere adeguatamente a fuoco la vera natura del partito. La retorica ufficiale di AfD è infatti il frutto di uno studio a tavolino: sempre tesa a sfiorare i limiti del Sagbaren (ossia “ciò che è consentito dire” in un contesto democratico), essa non cade mai nell’estremismo dichiarato. Secondo una strategia che si ritrova anche in molti altri partiti radicali, AfD si preoccupa di conservare una facciata democratica, non esitando a difendere la propria legittimità in qualità di partito d’opposizione e a respingere esplicitamente l’etichetta di partito “neonazista”.

A dispetto degli sforzi volti a garantirne la rispettabilità democratica, AfD manifesta tuttavia al proprio interno il rafforzamento di posizioni talmente radicali da mettere in difficoltà la sua stessa dirigenza. È quanto ad esempio dimostrano gli stretti rapporti tra alcuni suoi esponenti e la Neue Rechte. Nel contesto tedesco, quest’espressione – che riprende quella francese di Nouvelle Droite – rimanda sia a una galassia intellettuale piuttosto disomogenea, il cui obiettivo consiste nella riabilitazione di un’ideologia radicalmente antidemocratica, sia a specifiche organizzazioni, tra cui spicca soprattutto l’Institut für Staatspolitik (IfS), centro culturale per eccellenza dell’ultradestra tedesca. La contiguità di AfD e Neue Rechte è documentata non solo dai rapporti che intercorrono tra alcuni membri del partito e i soci dell’IfS, ma anche da significative convergenze a livello ideologico, che hanno spinto uno degli esponenti più estremi di AfD, Björn Höcke, a riconoscere nell’IfS un’«oasi di rigenerazione spirituale» e una «fonte di ispirazione intellettuale».

Un ulteriore fattore di radicalizzazione delle posizioni del partito è poi coinciso con l’inasprimento della protesta anti-islamista, di cui si era fatto principale portavoce il già citato movimento PEGIDA. Tra le correnti più radicali di AfD e PEGIDA si è sviluppato un rapporto di collaborazione, fino al punto di spingere il movimento di Dresda a interferire nei conflitti interni al partito, di cui ha sostenuto pubblicamente l’ala più estrema.

Questo decennale processo di radicalizzazione ha con ogni probabilità favorito l’ascesa di AfD. Non è un caso che la graduale espansione del suo bacino elettorale sia iniziata nel 2015, in coincidenza con la sua evoluzione da partito euroscettico a partito populista di destra radicale. Il recente incontro di Potsdam sembra invece aver segnato una cesura. Per la prima volta nel dibattito pubblico tedesco si fa strada la concreta possibilità di sottoporre AfD al giudizio del Bundesvervassungsgericht, il quale ne potrebbe decretare lo scioglimento. Si tratterebbe però di una procedura lunga e dall’esito affatto scontato. Nel frattempo, tutti i più recenti sondaggi registrano un sensibile rafforzamento in termini elettorali di AfD. La vera sfida si giocherà dunque non tanto nelle aule del Tribunale quanto sul terreno della competizione elettorale. Alle elezioni europee di giugno seguiranno quelle di settembre in Turingia, Brandeburgo e Sassonia, le cui principali proiezioni attribuiscono ad AfD un netto margine di vittoria.

 

 

Giovanni de Ghantuz Cubbe è assistente di ricerca presso la Technische Universität Dresden. Collabora inoltre con la cattedra di Storia delle dottrine politiche presso il Dipartimento di Lettere, Filosofia, Comunicazione dell'Università di Bergamo.

 

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