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Israele, tra guerra e ideologia

Israele, tra guerra e ideologia

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di Nicolò Ferraris

 

Medinat Ysrael o Eretz Ysrael, Stato di Israele o Terra di Israele. Questo il tema di divisione fondamentale della politica israeliana, e conseguentemente la linea di faglia dello stesso sistema partitico, costellato da una galassia di partiti e liste che esprimono la propria voce all’interno della Knesset. La questione arabo-israeliana, tornata tremendamente alla ribalta dell’attualità politico-internazionale, è sin dall’inizio della creazione dello Stato ebraico nel 1948 il principale tema di discussione politica nel contesto israeliano, dominato negli ultimi vent’anni dal partito Likud (consolidamento, in italiano) guidato dall’ora primo ministro Benjamin Netanyahu.

Israele è un sistema politico complesso e complicato. Secondo alcuni, si tratta dell’unica democrazia nel Medio Oriente; altri, tra cui Sammy Smooha, ne evidenziano le vulnerabilità democratiche, definendolo una democrazia etnica[1]. Comunque, lo “Stato nazionale per il popolo ebraico” è sistema politico multipartitico, multidimensionale, popolato da una moltitudine di partiti che si differenziano per ideologia, successo elettorale, e struttura interna, i quali riflettono l’eterogeneità del tessuto sociale israeliano e della storia travagliata del Paese. 

All’ultima tornata di elezioni della Knesset - l’Assemblea parlamentare israeliana - avvenuta nel 2022[2], è apparso un insieme eterogeneo di voci politiche. Vincitore delle elezioni è stato il partito Likud, con il 23,4% dei voti e 32 seggi conquistati nell’Assemblea, mentre in seconda posizione è giunto il partito Yesh Atid di Yair Lapid, di centro liberale, con il 17,8% dei voti e 24 seggi. Al terzo posto, invece, la lista del partito Religious Zionism, con il 10,8% dei voti e 14 seggi, e subito dopo la lista National Unity Party guidato da Benny Gantz, con il 9,1% dei voti, che corrispondono a 9 seggi.

L’insieme dei partiti politici israeliani, tuttavia, non si esaurisce con i rappresentanti che hanno ottenuto la maggioranza dei voti. Nonostante lo scarso successo elettorale, anche le liste Ysrael Beitenu (con un mix di politiche di destra in materie di affari esteri, e di centro per quanto riguarda il rapporto Stato-religione), la lista Ra’am, filoaraba, e la lista dei The Democrats (nata dalla fusione del partito Labour e Meretz, afferente al centro-sinistra israeliano, hanno ottenuto una percentuale di seggi in seno alla Knesset. Tuttavia, il peso relativo del blocco “anti-Netanyahu”, comprendendo il partito Yesh Atid e i gruppi politici di centro-sinistra e filoarabi, non sono riusciti a contrastare il blocco più a destra. Benjamin Netanyahu sarebbe poi infatti riuscito a formare il suo sesto governo di coalizione, succedendo al breve esecutivo di Naftali Bennet e Yair Lapid, includendo nel blocco governativo i partiti di ultradestra e ultraortodossi Religious Zionism, e Shas.

Nonostante il contesto in cui si impernia il sistema partitico israeliano sia completamente diverso da quello occidentale (riunendo Europa, Stati Uniti e Paesi con sistemi partitici assimilabili in un unico calderone) è possibile tracciare delle linee di comparazione.

Come i Paesi occidentali, Israele ha sofferto, negli ultimi anni, di una crisi di rappresentanza e di partecipazione politica. Questo, mentre i partiti politici israeliani – sia quelli più consolidati, sia quelli recenti e di minore bacino elettorale – subivano un processo di personalizzazione e di frammentazione, e mentre si apriva uno spazio politico, lasciato da un Labour Party indebolito, che ha dato modo a particolari settori politici israeliani di avere ulteriore voce, e di spostare l’intero sistema politico, Likud compreso, più a destra. Secondo alcuni autori, tra cui Arturo Marzano, questa linea ideologica può essere definibile come neo-sionismo, o sionismo neo-revisionista[3], ed è rappresentato a livello politico istituzionale dalla lista National Religious Party - Religious Zionism, nata nel 2023 dalla fusione tra il partito Religious Zionism e Jewish Home.

Al momento, come accennato, queste fazioni sono parte della coalizione di governo con a capo Benyamin Netanyahu, riflettendo in questo modo lo spostamento verso destra del Likud, il quale, secondo Assaf Shapira, “negli ultimi anni, [il partito Likud] ha abbandonato le precedenti dottrine liberali, adottando in modo crescente una postura populista diretta sia contro il pubblico arabo che contro le élite ebree, in particolar modo le organizzazioni per i diritti umani, il sistema giudiziario, e le forze dell’ordine][4]

Inoltre, anche lo spettro politico israeliano, infatti, è categorizzabile secondo il continuum destra-sinistra, ma in una concezione differente rispetto a quella dei sistemi considerabili occidentali. Se, per quanto riguarda le democrazie liberali occidentali, destra e sinistra i differenziano per visioni politiche opposte in campo economico e culturale, la linea di faglia principale nel sistema politico israeliano è il rapporto con il mondo arabo e, in particolare, con la Palestina e la Cisgiordania[5].

I partiti politici israeliani si posizionano, di conseguenza, sullo spettro politico a seconda della loro postura sulla questione palestinese: i partiti di destra assumono posizioni più “da falco” (hawkish) mentre i partiti più tendenti alla sinistra assumono posizioni più “da colomba” (dovish).[6]

In ogni caso, al momento, a livello di élite politiche le posizioni afferenti alla destra, e al versante radicale dello spettro politico rimangono incontrastate, a causa di un’opposizione politica anti-Netanyahu senza abbastanza forza istituzionale per poter opporsi alle politiche del governo in carica dal 2022, considerato uno dei più radicali della storia del Paese. Anzi, è proprio la necessità di coinvolgimento di forze politiche più a destra del Likud stesso, a rendere il 37esimo esecutivo israeliano meritevole di particolare attenzione[7], sia in materia di politica estera, con la risposta sproporzionata ad Hamas e a Gaza dopo i fatti del 7 ottobre 2023, e nella regione tutta; ma anche in materia di politica domestica, con la proposta di riforma del sistema giudiziario – opposta a livello popolare, con proteste di piazza, tra le preoccupazioni di erosione democratica[8] – ma anche con la censura della stampa, che si aggiunge alle discriminazioni nei confronti della popolazione non-ebraica, posta esplicitamente ai lati del sistema politico già nel 2018, quando Israele è stato definito con una legge “lo Stato nazionale del popolo ebraico[9]”. 

La democrazia israeliana, in conclusione, parrebbe anch’essa attraversata da uno spirito illiberale, indisturbato e inopposto a livello di élite politica, non molto dissimile da altre aree e regioni del mondo, nonostante il contesto politico, esterno e domestico, completamente differente.

 

Nicolò Ferraris è Program Assistant presso Aseri (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali)

 

[1] Sammy Smooha, Ethnic Democracy: Israel as an Archetype,  Israel Studies, vol. 2 no. 2, 1997, p. 198-241. 

[2] Per un’analisi delle elezioni politiche del novembre 2022, Ofer Koenig, 2022 Elections Results, The Israel Democracy Institute, https://en.idi.org.il/articles/46247

[3]Arturo Marzano, Che cosa sono i Sionismi, Lucy Sulla Cultura, https://lucysullacultura.com/che-cosa-sono-i-sionismi/ Mi riferisco ad Arturo Marzano, che pubblica sul Mulino

https://www.rivistailmulino.it/a/le-complessit-di-israele-politica-e-societ

[4] Assaf Shapira, 'Political Parties and Democracy: The Israeli Case', in Thomas Poguntke, and Wilhelm Hofmeister (eds), Political Parties and the Crisis of Democracy: Organization, Resilience, and Reform (Oxford, 2024; online edn, Oxford Academic, 22 Aug. 2024),

[5] Anna Bagaini, The Origins of Right-Wing Populism in Israel: Peace Process and Collective Identities' Struggle, ECPR, https://ecpr.eu/Events/Event/PaperDetails/47201

[6] Shapira, Assaf, 'Political Parties and Democracy: The Israeli Case', in Thomas Poguntke, and Wilhelm Hofmeister (eds), Political Parties and the Crisis of Democracy: Organization, Resilience, and Reform (Oxford, 2024; online edn, Oxford Academic, 22 Aug. 2024),

[7] Peter Beaumont, Netanyahu’s political survival in hands of far-right ministers, The Guardian, https://www.theguardian.com/world/article/2024/may/08/cant-you-kill-some-netanyahus-political-survival-in-hands-of-far-right

[8] Dr. Guy Lurie, The Destruction of the Rule of Law, The Israel Democracy Institute, https://en.idi.org.il/articles/46155

[9] Raoul Wootlif, Final text of Jewish nation-state law, approved by the Knesset early on July 19, The Times of Israel, https://www.timesofisrael.com/final-text-of-jewish-nation-state-bill-set-to-become-law/

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