Fabio Rondini
Il secondo turno delle elezioni presidenziali polacche tenutosi il 1° giugno si è concluso con la vittoria di misura di Karol Nawrocki sul favorito dai sondaggi e vincitore del primo turno Rafał Trzaskowski. Il primo, candidato indipendente ma sostenuto dal partito di destra PiS, allineato con l’attuale presidente Andrzej Duda e appoggiato anche da Donald Trump; il secondo, liberale, sindaco di Varsavia, sostenuto da un altro Donald, ovvero Tusk, l’attuale Primo Ministro, e dalla sua Piattaforma Civica (KO), formazione europeista attualmente al governo. Dinnanzi ai sopracitati risultati e alla sconfitta del candidato filo-europeista, Tusk ha chiesto un voto di fiducia in Parlamento per una verifica di governo. La votazione si è conclusa con una fiducia di 242 su 460 voti disponibili.
Come anticipato, Narowcki ha prevalso con il 50,89% delle preferenze contro il 49,11% di Trzaskowski, in una tornata elettorale caratterizzata da un’ampia partecipazione (circa il 71,6% degli aventi diritto). L’esito del secondo turno ha ribaltato non solo i pronostici dei sondaggi, ma anche il risultato del primo turno, che ha visto affermarsi Trzaskowski con il 31,36% contro il 29,54% di Nawrocki, arrivato in seconda posizione, davanti a Sławomir Mentzen, altro candidato di destra. Analizzando le statistiche delle circoscrizioni, si può evincere che la base elettorale principale di Nawrocki risiede maggiormente nelle zone rurali, nell’est e nel sud del paese, contrariamente a Trzaskowski, il cui consenso risiede principalmente nei centri urbani, nel nord e nell’ovest della Polonia.
A livello di programmi, Nawrocki, pur basandosi su una piattaforma conservatrice, nazionalista e di opposizione al conferimento di ulteriori poteri all’UE, ha rilasciato delle dichiarazioni in cui ha preso le distanze da alcune misure e decisioni adottate dal PiS durante gli anni di governo (2015-2023), tra le quali l’ingresso di 366.000 immigrati da paesi principalmente musulmani, la riforma fiscale (cosiddetto Polski Ład), definita “un errore”, e l’accettazione delle misure previste dal Green Deal europeo. Nel contempo, al fine di ottenere l’appoggio di Mentzen per il ballottaggio, lo stesso Nawrocki ha anche sottoscritto una lista di otto impegni tra i quali la promessa di non approvare nessuna ulteriore tassa, di non inviare truppe in Ucraina, di non ratificare l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, di non trasferire ulteriori competenze verso l’UE e di non firmare alcun trattato europeo che indebolisca il ruolo o il suo diritto di veto della Polonia.
Il programma di Trzaskowski, invece, si è incentrato sulla necessità di sbloccare le riforme volte a cancellare le misure introdotte dal PiS nel periodo dal 2013 al 2023, riforme alle quali l’attuale presidente Duda ha da sempre posto il veto. L’introduzione di queste riforme mira a ripristinare lo stato di diritto in Polonia, fortemente criticato dall’UE per via della mancata indipendenza del sistema giudiziario, oltre a riguardare temi sociali quali aborto e diritti civili. L’implementazione di queste riforme, inoltre, consentirebbe alla Polonia di tornare ad usufruire dei programmi europei, fondamentali per la propria crescita economica e bloccati nel 2024 dalla Commissione Europea proprio a causa delle politiche introdotte dal PiS. Ulteriori priorità di Trzaskowski riguardano un rafforzamento del sistema militare polacco, una nuova strategia per ridurre i costi di energia e maggiore protezione per gli agricoltori polacchi minacciati dall’ingresso nel mercato europeo di prodotti ucraini e cinesi.
A livello regionale, l’esito delle presidenziali in Polonia prima vittoria di una destra “filo-trumpiana” dopo quella di Robert Fico in Repubblica Slovacca a settembre 2023. Le implicazioni di questa vittoria sui vari attori sono diverse. Le relazioni della Polonia con alcuni partner potrebbero, infatti, deteriorarsi. In primis, l’UE si trova davanti ad un bivio: mantenere il blocco sui programmi UE e rischiare di alimentare il fronte euroscettico e di incrinare i rapporti con un paese che occupa un ruolo chiave sul fronte est oppure scegliere di erogare i fondi e minare la propria credibilità sulla promozione dello stato di diritto. Nei rapporti con l’Ucraina, la Polonia è sempre stata una forte sostenitrice delle ragioni di Kiev; tuttavia Nawrocki ha spostato l’aiuto polacco su un ambito di maggiore condizionalità e, come anticipato, ha rifiutato di dare il via libera ad un possibile ingresso di Kiev nella NATO. Anche se insufficienti a cambiare veramente i rapporti con l’Ucraina, queste posizioni potrebbero contribuire a minare la coesione nel fronte contro Mosca. Nei rapporti con gli Stati Uniti, la vicinanza di valori politici tra Trump e il neoeletto Presidente può giocare un ruolo chiave e consentire alla politica di Nawrocki di avere maggior presa sull’amministrazione repubblicana. Sul fronte delle relazioni con la Russia, la promessa di non dispiegare truppe in Ucraina dovrebbe ridurre sulla carta il rischio di un’eventuale (sia pur improbabile) guerra con la Russia; tuttavia, sarà difficile che questo si traduca in un miglioramento nelle relazioni con Mosca, anche a causa del ruolo che la Polonia comunque ricopre nel “Progetto tre mari” e nello scudo “East Shield” – progetti ai quali la Russia si oppone fortemente.
A livello interno, l’esito delle elezioni ha restituito l’immagine di un Paese fortemente diviso e in bilico tra due poli (europeismo da un lato ed euroscetticismo di alcuni paesi dell’Est Europa, quali l’Ungheria, dall’altro). Il potere e il ruolo del Presidente della Repubblica sono strategici per l’assetto istituzionale polacco, in quanto può disporre del diritto di veto per molte materie sulle quali il governo di Tusk può presentare proposte legislative. Pertanto, la Polonia continuerebbe ad avere un governo che propone riforme filo-europeiste e un presidente nazionalista che ha il potere di bloccarle. La vittoria di Nawrocki può portare quindi al proseguimento di una paralisi legislativa su svariati ambiti già presente durante la presidenza di Duda e mantenere la Polonia su un assetto più euroscettico e nazionalista, allontanandola da una maggiore integrazione con l’UE.
Il risultato delle elezioni presidenziali in Polonia apre un nuovo capitolo di incertezza sia per la Polonia, sia per l’Europa. Con un governo europeista guidato da Tusk e un presidente nazionalista come Narowcki, il Paese si avvia verso una coesistenza istituzionale difficile, segnata da potenziali veti e forze politiche che mirano a condurre il paese in direzioni completamente opposte, con Varsavia sempre in perenne tensione tra un riavvicinamento ad un centrismo europeista e un nazionalismo conservatore. La Polonia rischia di diventare così un ulteriore campo di battaglia tra integrazione e sovranismo, con ripercussioni non solo interne ma anche regionali e internazionali.
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