RECENSIONE

Democrazia costituzionale e antiliberalismo

Democrazia costituzionale e antiliberalismo

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di Sabina de Silva

 

A partire dalla seconda metà del Ventesimo secolo, gli studi sui processi di democratizzazione sono stati caratterizzati da un forte ottimismo: l’osservazione del trend di ondate e reflussi democratici susseguitisi dagli inizi dell’Ottocento alla seconda metà del Novecento e l’apparente indissolubile legame tra partecipazione e contestazione risultante da tale osservazione, aveva portato ad un generale accordo nell’affermare che il tempo fosse ormai “dalla parte della democrazia”, per utilizzare una formula di Samuel Huntington.

Le trasformazioni economiche e politiche causate dalla globalizzazione e le continue sfide poste ai sistemi democratici hanno portato il dibattito politico moderno ad abbandonare la visione ottimista di matrice huntingtoniana, per abbracciare un approccio maggiormente scettico circa la linearità e l’automatismo dei processi di democratizzazione, preferendo descrivere il passaggio da autocrazia e democrazia come un percorso caratterizzato da fluttuazioni costanti. Grazie a un’ormai celebre lavoro di Faared Zakaria, è entrata nel dibattito pubblico l’espressione “democrazia illiberale” che indica quegli esiti antidemocratici che hanno avuto luogo nel momento in cui, in società fortemente divise, sono stati importati elementi di partecipazione democratica – come la competizione elettorale ed il pluralismo politico – che hanno contribuito ad esacerbare ulteriormente le divisioni sociali pre-esistenti.

Se per lungo periodo, almeno in Occidente, l’antiliberalismo è stato un fenomeno circoscritto alle estreme destre est-europee –  come reazione alle debolezze dei regimi democratici ancora in fase di consolidamento – l’ascesa di politiche antiliberali nelle democrazie costituzionali sull’intero territorio del Vecchio Continente ha portato gli autori del volume Constitutional Democracy and the Challenges of Anti-Liberalism ad interrogarsi sulla relazione tra i concetti di antiliberalismo, illiberalismo e populismo.

Il volume si divide in due parti, nella prima, “Anti-Liberalism: Lessons from Experiences?”, gli autori portano avanti una disamina delle pratiche politiche e degli strumenti discorsivi ricorrenti nelle democrazie consolidate contemporanee, sottolineando come il trait d’union sia proprio l’utilizzo del populismo come tecnica retorica per intensificare la polarizzazione politica ed il conflitto.

Josè Marìa Morales, nel capitolo “Anti-Liberalism: Historical Comparison, Rhetoric, and Politics”, presenta alcune delle caratteristiche principali dell’anti-liberalismo, prendendo come espediente di analisi alcune recenti esperienze in Europa. Secondo l’autore, negli anni più recenti, il frequente ricorso all’adozione di misure di emergenza per contrastare la pandemia ha ridimensionato il ruolo del parlamento, dotando l’esecutivo di poteri extra-ordinari e giustificando misure politiche illiberali con l’urgenza della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Nel capitolo “Populist Rhetoric as the Ethos of Illiberal Views of Democracy”, Tomàs Pacheco-Bethencourt si distanzia dalla “prospettiva ideazionale” sostenuta da autori come Mudde, Müller e Kaltwasser, sottolineando come il populismo è al contempo sia retorica sia insieme di strumenti performativi atti a erodere lo stato di diritto. L’autore porta ad esempio due casi studio, l’Ungheria e la Polonia, entrambe oggetto di sanzioni da parte della Commissione Europea a causa delle rispettive involuzioni democratiche. Il capitolo si chiude con un interrogativo sul ruolo che l’UE potrebbe potenzialmente giocare quale caposaldo dei valori e delle istituzioni democratiche liberali sul continente europeo.

L’UE è parimenti al centro della riflessione del terzo capitolo, “The EU and Democratic Theory: Communitarian, Federal and Cosmopolitan Perspectives”, dove Marta Postigo evidenzia come il progetto di integrazione europea incoraggi la ridefinizione di concetti democratici fondamentali quali la rappresentanza, la sovranità statale, la cittadinanza. Attraverso l’analisi dei tre principali approcci alla democrazia che pervadono il dibattito sul regime politico dell’Unione – comunitario, federale e cosmopolita – l’autrice sostiene che l’Unione rappresenti una novità politica richiedente una nuova teoria democratica.

A conclusione della prima parte, il capitolo “Beyond Anti-Liberal Political Catastrophism” di Javier Gil esplora come i disastri, naturali e antropogenici impattino sul risultato elettorale. Partiti illiberali e populisti fanno spesso un uso strumentale di episodi emergenziali e catastrofici al fine di colpevolizzare e discreditare gli avversari politici, aumentando in questo modo la polarizzazione politica. L’autore invita dunque a sfruttare le riforme sociali e politiche che solitamente seguono eventi catastrofici per rafforzare la resilienza delle democrazie contemporanee a elementi di destabilizzazione sia interna che esterna.

La seconda parte del volume “Between liberalism and anti-liberalism: which lessons from political theories?”, contiene una riflessione sull’origine delle debolezze delle democrazie costituzionali contemporanee, da ricercarsi, secondo gli autori, nelle teorie conservatrici di stampo neo-liberale che, guardando con sospetto ai processi di radicalizzazione delle pratiche democratiche e temendone le eventuali storture, hanno prospettato l’adozione di controbilanciamenti atti a limitare il potere del popolo.

Così, Matilde Ciolli nel capitolo “The Conservative Core of Hayek’s (Neo)liberal Doctrine. Evolution, Tradition, and Authority in the Market Society” svela l’essenza autoritaria e antidemocratica del neoliberalismo di Hayek. Partendo da un’analisi dell’autore anglo-americano, Ciolli dimostra come Hayek, per difendere la propria dottrina del libero mercato a scapito della teoria socialista di pianificazione economica, faccia ricorso a termini e concetti della tradizione conservatrice – quali la famiglia, il diritto di proprietà, le tradizioni e la religione. Secondo l’autrice, l’idea hayekiana che la storia proceda per tentativi ed errori, piuttosto che tramite l'implementazione di progetti rivoluzionari razionali si traduce in un tentativo di limitare il potere costitutivo della democrazia.  

Ancora, Luca Timponelli, in “Keynes and the Early Neoliberal Movement”, sottolinea la storica sfiducia keynesiana nella democrazia di massa. Secondo il padre della macroeconomia, il mercato necessità di correzioni per far fronte alle storture derivanti da povertà, disoccupazione e disuguaglianza: tuttavia, tali correzioni competono una ristretta oligarchia intellettuale, piuttosto che una informe massa, seppur democratica.

Francisco Bellido, nel capitolo “Some Reflections on Joseph Schumpeter’s View on Anti-Capitalism” traccia la distinzione schumpeteriana tra liberalismo economico e liberalismo politico, sottolineando come l’ultimo incoraggi la crisi poiché crea spazi di libertà individuale e collettiva che permettono ai gruppi organizzati di sfidare il sistema economico. Schumpeter identifica l’antidoto per la crisi della borghesia nel recupero dei legami familiari tradizionali e nella difesa del liberalismo politico.

Il volume si conclude con il capitolo “A ‘Journey from Liberalism to Democracy’. Between past and present in Wolin’s thought” di Marco Zolli, che analizza la teoria anti-liberale della democrazia di Wolin, una forma radicale di democrazia, la cui essenza risiede nell'espansione della partecipazione piuttosto che nella limitazione del potere. Ne consegue che la rivoluzione è l’unico vero momento democratico. Wolin, sottolinea l’autore, osserva la democrazia da una prospettiva antiliberale, sostenendo che il neoliberalismo ha al suo interno una componente autoritaria che minaccia di trasformare la democrazia in una forma di totalitarismo invertito.

Nel suo insieme, il volume, servendosi di una prospettiva multidisciplinare, ha il grande merito di offrire una disamina quanto più possibile approfondita e sfaccettata dell’antiliberalismo, riuscendo a tradurre il pensiero dei grandi autori del passato in strumenti utili a decifrare la complessità del presente.

 

Sabina de Silva è dottoranda presso la Scuola di Dottorato in "Istituzioni e politiche" dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

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