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Cosa succede in Balochistan?

Cosa succede in Balochistan?

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Beatrice Nicolini

 

Il 1 novembre 2024, un attentato contro la campagna di vaccinazione antipolio nel Pakistan occidentale ha causato la morte di sette persone, inclusi cinque bambini. Una bomba, collocata per colpire le forze di sicurezza a scorta dei vaccinatori nella città di Mastung, a sud di Quetta, capitale della provincia del Balochistan, ha ucciso un agente, i cinque bambini e un negoziante. Il 9 novembre, il numero delle vittime di un attentato suicida nella stazione ferroviaria di Quetta – nonostante la città sia presidiata dalla polizia pakistana – è salito a 31. L’attacco, avvenuto alle 9 del mattino presso il terminal dei biglietti prima della partenza del Jaffar Express diretto a Rawalpindi, è stato rivendicato dal gruppo separatista Balochistan Liberation Army (BLA) e ha coinvolto oltre cento persone in attesa del treno. Il portavoce del BLA, Jeeyand Baloch, ha dichiarato che l’attentato, eseguito da un membro della Majeed Brigade (Fidayee Muhammad Rafiq appartenente al gruppo dei Bizanjo, alias Washen Baloch), la cellula suicida del gruppo, ha avuto come obiettivo un’unità dell’esercito pakistano di ritorno da un corso di addestramento presso la scuola di fanteria.

Questi episodi segnano una nuova fase di escalation della violenza nel Balochistan, una regione da lungo tempo teatro di conflitti etnici e tensioni tra la popolazione locale e il governo centrale pakistano. Il BLA, che rivendica l’autodeterminazione per la regione, ha intensificato le sue azioni contro le forze di sicurezza e il personale straniero, in particolare i lavoratori cinesi impegnati nei progetti della Belt & Road Initiative (BRI). Nel mese di dicembre 2024 e nei primi mesi del 2025, le autorità pakistane hanno riferito un aumento degli attacchi mirati contro convogli militari e strutture governative nel Balochistan, accompagnato da una maggiore sofisticazione delle tecniche operative impiegate dai gruppi armati. Rapporti di intelligence confermano una crescente cooperazione tra il BLA e altre formazioni militanti presenti in Afghanistan, in particolare con alcune fazioni ostili al governo talebano, che offrono rifugio e supporto logistico oltre confine. La situazione è ulteriormente aggravata dalle condizioni socioeconomiche difficili della regione, caratterizzate da disoccupazione, povertà e discriminazione.

Il governo pakistano ha promesso una risposta forte agli attacchi, ma permangono incertezze sulla sua capacità di risolvere le radici del conflitto. Il Balochistan Liberation Army (BLA) è un movimento separatista che mira all’indipendenza del Balochistan, annesso al Pakistan nel 1948, e fonda la sua azione su una serie di motivazioni principali: 1) l’indipendenza del Balochistan; 2) il controllo delle risorse naturali, contestando il loro sfruttamento da parte del governo centrale e lamentando benefici inadeguati per la popolazione locale; 3) l’opposizione ai progetti infrastrutturali cinesi, considerati una forma di neocolonialismo economico; 4) il riconoscimento dei diritti e della rappresentanza politica della popolazione Baloch in maggioranza musulmani hanafiti; 5) il miglioramento delle condizioni economiche, data la cronica povertà della regione; 6) la repressione da parte del governo centrale, come detenzioni e rapimenti arbitrari. Queste istanze hanno portato il BLA a colpire obiettivi legati alla sicurezza pakistana, infrastrutture governative e progetti finanziati da investitori stranieri, in particolare cinesi.

Il Balochistan è ricco di risorse naturali: oro: 5,9 milioni di once; rame: 412 milioni di tonnellate; carbone: 19,5 miliardi di tonnellate; gas naturale: 34 trilioni di piedi cubi. Tali vaste riserve hanno un valore stimato di oltre 1 trilione di dollari ma la sua popolazione vive in gran parte in condizioni di estrema povertà. Nonostante la presenza di giacimenti rilevanti, come la miniera di Rekodiq, che contiene riserve di rame e oro stimate in 260 miliardi di dollari, la popolazione locale non ha mai tratto benefici significativi da tali risorse. In aggiunta, la maggior parte delle attività estrattive è controllata da società straniere che non reinvestono i profitti a livello locale. I progetti infrastrutturali cinesi nel Balochistan, un’occupazione economica, hanno aumentato il risentimento e la frustrazione tra la popolazione, esclusa dalle opportunità lavorative e formative offerte dai nuovi investimenti. La Belt & Road Initiative (BRI), inaugurata dalla Cina nel 2013, include il porto di Gwadar, situato strategicamente sul Mar Arabico e collegato al Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC). Gli investimenti cinesi a Gwadar, pari a circa 62 miliardi di dollari, mirano a creare un importante hub logistico e commerciale per la Cina, riducendo i tempi di trasporto verso il Medio Oriente, l’Africa e l’Europa. Tuttavia, il progetto ha suscitato forti resistenze locali per l’esclusione della popolazione locale dai benefici economici e per le preoccupazioni ambientali legate alle estrazioni minerarie e alla costruzione di infrastrutture, che impattano negativamente su settori cruciali per l’economia della regione, come la pesca e l’agricoltura.

Anche a livello internazionale, l’espansione cinese preoccupa, in particolare gli Stati Uniti e l’India, che vedono la Belt & Road Initiative come parte di una strategia più ampia della Cina per rafforzare la sua influenza geopolitica. Il caso del porto di Gwadar, che storicamente fungeva da punto di collegamento per le rotte commerciali e schiavistiche tra l’Oceano Indiano e l’Asia centrale, è emblematico dell’ambizione cinese per una rete globale di connettività economica e commerciale. Tuttavia, la promessa di sviluppo per il Balochistan non si è ancora tradotta in miglioramenti economici significativi per la popolazione locale, aggravando un paradosso in cui ricche risorse naturali coesistono con diffusa povertà e disoccupazione. Affinché le risorse del Balochistan possano finalmente contribuire al benessere della comunità locale, sarebbero necessarie profonde riforme nella gestione delle risorse naturali e un maggiore coinvolgimento della popolazione nelle decisioni politico-economiche. La mancanza di tale partecipazione e la persistente assenza di investimenti locali contribuiscono a mantenere alta la tensione nella regione, evidenziando la necessità di un cambio di approccio da parte delle autorità di Islamabad e della comunità internazionale.

 

Beatrice Nicolini è professoressa ordinaria di Storia dell'Africa. Insegna Storia e istituzioni dell'Africa; Religioni, conflitti e schiavitù e Mondo dell'Oceano Indiano all'Università Cattolica del Sacro Cuore.

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